E’ il più grande labirinto esistente, composto interamente di piante di bambù (in totale sono circa 200 mila) , alte tra i 30 centimetri e i 15 metri, appartenenti a venti specie diverse. Un percorso in cui inoltrarsi e perdersi, per fantasticare e riflettere.

Sognai per la prima volta di costruire un Labirinto circa trent’anni fa , nel periodo in cui, a più riprese, ebbi ospite, nella mia casa di campagna vicino a Parma, un amico, oltreché collaboratore importantissimo della casa editrice che avevo fondato: lo scrittore argentino Jorge Luis Borges.

Il Labirinto, si sa, era da sempre uno dei suoi temi preferiti; e le traiettorie che suoi passi esitanti di cieco disegnavano intorno a me mi facevano pensare alle incertezze di chi si muove fra biforcazioni ed enigmi.

Credo che guardandolo, e parlando con degli lui strani percorsi degli uomini, si sia formato il primo embrione del progetto che finalmente, nel Giugno del 2015, ho aperto al pubblico. Com’è noto, quando fece costruire il suo Labirinto, che rea una prigione, Minosse nutriva intenzioni cupe e crudeli; io immaginai un equivalente addolcito, che fosse anche un Giardino, dove la gente potesse passeggiare, smarrendosi di tanto in tanto, ma senza pericolo.

La mia passione per il Bambù , questa pianta elegantissima, ma così poco utilizzata in Occidente, e specialmente in Italia, mi suggerì la materia prima ideale.

Da allora, e sopratutto negli ultimi anni , l’impresa ha assorbito la maggior parte del mio tempo. Quando nacque, il progetto aveva un carattere abbastanza personale. Sulle terre che avevano nutrito, e un po’ anche arricchito, la mia famiglia, volevo lasciare traccia di me. Col passare del tempo quell’idea primitiva si è in gran parte trasformata. Forse è colpa dell’età, ma ormai vedo il Labirinto sopratutto come modo di restituire a un lembo della Pianura Padana che comprendere Parma, il suo contado e le città vicine, una parte almeno del molto che mi ha dato.

Accanto al Labirinto è sorto un Museo (l’intera collezione di opere d’arte che ho raccolto in cinquant’anni) , una Biblioteca (con le mie collezioni bibliofile e tutti i libri che ho pubblicato in 50 anni),spazi per mostre temporanee, un Archivio, e strutture turistiche che assicurano, tanto all’ Internazionale dei Colti e dei Curiosi quanto alla gente del luogo, specialmente ai giovani, accoglienza e occasioni di svago, di informazione e di ispirazione, nel segno della Civiltà, dello stile e del Comfort.

“Franco Maria Ricci”

Il labirinto di bambù

E’ il più grande labirinto esistente, composto interamente di piante di Bambù (in totale sono circa 200.000), appartenenti ad una ventina di specie diverse, alte tra i 30 centimetri e i 15 metri. Il percorso è lungo oltre 3 chilometri.

Franco Maria Ricci spiega così la scelta del Bambù:

“C’è, sul retro della mia casa a Milano, una sorta di “Hortus Conclusus“, un giardinetto circondato da alte mura.

All’inizio non sapevo che farne:poi, un giorno, un giardiniere giapponese, competente e gentile, mi suggerì di piantarci un boschetto di bambù. Per acquistare i pochi bambù che mi erano necessari andai in Provenza, dove scoprii la “Bambouseraie d’Anduze“; si tratta di un vivaio che ospita circa 200 specie diverse di bambù, è la più grande piantagione in Europa.

Nel mio giardinetto milanese i bambù crebbero subito rigogliosi. Mi stavo innamorando di quella pianta. Tornai alla “Bambouseraie” e questa volta i miei acquisti furono ingenti: avevo deciso di piantare un giardino di bambù sulle terre che circondavano la mia casa di campagna, a Fontanellato. Ancora una volta si trattò di un esperimento felice.

Sino a quel momento i bambù non aveva alcun rapporto con il Labirinto; poi un giorno ebbi una folgorazione: quella pianta mi offriva la materia prima ideale per costruirlo”

Il bambù è una pianta sempreverde, elegante, flessuosa, vigorosa, rapida nella crescita. La sua forza è l’elevata fotosintesi che riduce l’anidride carbonica restituendo ingenti quantità di ossigeno. La fondazione Franco Maria Ricci favorirà il restauro del paesaggio padano, rovinato da capannoni disadorni, proponendo agli imprenditori di utilizzare il bambù per mascherare le brutture con cortine verdi e fornendo le piante necessarie e un servizio di consulenza.

Alcune specie di Bambù del Labirinto della Masone:

“PHYLLOSTACHYS BISSETII” E’ il bambù maggiormente usato per il Labirinto. Ha il fogliame denso e morbido, adatto ai climi rigidi.

“PHYLLOSTACHYS VIVAX AUREOCAULIS” Bambù gigante (può raggiungere i 15 metri d’altezza!), con culmo dorato che presenta delicate e rare striature verdi.

“PHYLLOSTACHYS AUREASULCATA SPECTABILIS” Può raggiungere gli 8 metri d’altezza, i suoi culmi alla base hanno spesso un curioso andamento a Zig-Zag.

Le Architetture

Gli edifici all’ interno del Labirinto, sede della fondazione Franco Maria Ricci, sono ispirati alle utopie architettoniche neoclassiche di Boullée, Lequeu, Ledoux e Antolini; progettati seguendo i canoni della tradizione italiana ed europea, si integrano armoniosamente con il paesaggio circostante.

Gli edifici del Labirinto della Masone sono stati progettati da Pier Carlo Bontempi, architteto di Parma noto e attivo su un piano internazionale. Bontempi condivide con Franco Maria Ricci l’amore per le forme classiche, per una tradizione italiana ed europea, fatta di opere concluse, definite ma anche di visione e fantasie rimaste sospese e come in attesa.

Nel concepire il disegno del dedalo Ricci si è ispirato ai mosaici delle ville e delle terme romane, per le opere murarie sono stati scelti come punto di riferimento, d’accordo con Bontempi, i grandi architetti del periodo della Rivoluzione Francese: Boullée, Ledoux, Lequeu, e l’italiano Antolini, autore di un visionario progetto del Foro Boario a Milano (mai eseguito ma giunto sino a noi sotto forma di volume di Bodoni). Sia pure in “tono minore” , Bontempi ha disegnato e costruito le opere murarie avendo presenti quie sogni, quelle utopie.

Tutti gli edifici sono realizzati in mattoni a mano, materiale da costruzione tipico del territorio padano, in modo da creare armonia tra le strutture architettoniche e il paesaggio circostante.

La Collezione d’Arte

Eclettica e curiosa, la collezione d’arte riflette il gusto personale di Franco Maria Ricci e si snoda tra cinque secoli di Storia dell’Arte, con opere che vanno dal ‘500 al ‘900.

Disposta su cinquemila metri quadrati , i pezzi della collezione sono circa cinquecento. Si va dalla grande scultura del Seicento a quella Neoclassica , ai busti dell’epoca di Napoleone, a cui fanno da controcanto la “Vanitas”, nature morte con teschio, spesso granguignolesche, qualche volta opera di artisti famosi, come Ligozzi. Non mancano i manieristi ( Carracci, Cambiaso….), né artisti legati agli anni d’oro del ducato di Parma (Boudard, Baldrighi, Ferrari …), né la pittura dell’Ottocento, tra cui spicca Hayez. Infine, a documentare gli accostamenti al Novecento, le opere di Wildt, Ligabue, Savinio, unite alle eleganza di epoca Déco.

L’allestimento non è quello casuale si quadreria, né quello scientifico di Museo: procede per associazioni, e non si astiene dal sottolineare i parallelismi che esistono tra le scelte di editore e quelle di collezionista.